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Culto di San Martino
By Bergamowalls
Il culto di San Martino è decisamente uno dei più antichi e diffusi in tutta la nostra provincia.
Già prima dell’anno mille risultano dai documenti le chiese di San Martino a Bergamo (ora “della Pigrizia”), a Calepio, a Sovere e Zanica. A seguire, la pieve di Nembro, le parrocchiali di Torre Boldone, Alzano, Leffe, Gorno e Gandellino, in Val Seriana; ma anche Piazza e Lenna, in Val Brembana, le parrocchiali di Sarnico, Adrara, Entratico, Carvico, Ciserano… e non dimentichiamo l’intera Valle a lui dedicata, San Martino appunto, oggi divisa tra le province di Bergamo e Lecco ma un tempo interamente bergamasca (curiosa la storia di Torre de’ Busi, tornata in provincia di Bergamo a seguito di un referendum, proprio l’anno scorso!).
Ma chi è San Martino?
La storia di San Martino è anche questa, come quella di Sant’Alessandro, la storia di un soldato, questa volta ungherese. ⚔️
Anche qui, la sua vita e sopratutto il famosissimo aneddoto che lo consegna alla santità, sono avvolti dalla più fitta leggenda.
Si racconta che un giorno il soldato Martino incontrò sulla sua strada un mendicante infreddolito, e per offrirgli un po’ di riparò gli donò metà del suo mantello.
DA QUI, LA LEGGENDA SI FA ALMENO DOPPIA.
Una prima tradizione vuole che il Signore, per ricompensarlo, fece uscire tra le nubi un tiepido sole che riscaldò l’aria. Da qui la famosa «estate di San Martino», quelle giornate dal clima mite che spesso caratterizzano l’inizio del mese.
Una seconda tradizione vuole che invece, durante la notte, gli sia apparso Gesù in sogno, che vestendo la metà del suo mantello, lo presentava agli angeli dicendo «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito».
Si dice che Martino, risvegliatosi dal sogno, ritrovò il suo mantello intero, si fece battezzare e iniziò una vita di predicazione, fino a diventare vescovo di Tours.
Non molti anni più tardi, il mantello miracoloso di Martino entra a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi, la dinastia responsabile della cristianizzazione dei Franchi, che nel V secolo erano l’ultimo popolo ancora pagano dell’Europa occidentale. La cappa era conservata in una “cappella” e conservata da “cappellani”. Questo termine verrà poi esteso a qualsiasi piccolo luogo di culto…..
….abbiamo reso la portata di questo fatto?
[piccola parentesi: non fraintendete, non c’era nessun intento davvero religioso nel decidere di adottare la religione cristiana da parte del re merovingio Clodoveo - per altro imponendo il battesimo a tutti i suoi sudditi… piuttosto una scelta strategicamente ponderata, che lo poneva in contrasto con i popoli germanici - ostrogoti e visigoti - con cui era in perenne guerra e che professavano il credo ariano. Allo stesso tempo i franchi, convertendosi al credo niceno e accettando la sottomissione solo al vescovo di Roma, prendevano le distanze dall’imperatore d’oriente, diventando il primo popolo barbaro a riconoscere il primato del papa… non male, visto poi quale ruolo riserverà loro la storia nei secoli a seguire.]
Nella Bergamasca, come in tutta Europa, la popolarità di San Martino è straordinaria… ma perchè?
La risposta è ancora una volta di carattere storico: siamo nel 774 d.C. e Carlo Magno, il leggendario re dei Franchi, prima, e imperatore del Sacro Romano Impero poi, regala al monastero di San Martino di Tours una gran quantità di terre e rendite in tutta Italia. Nella provincia bergamasca queste proprietà sono vaste e si concentrano soprattutto nella zona del Sebino.
Il periodo dell’anno in cui questo santo viene celebrato, l’11 di Novembre, giorno dei suoi funerali, ben si prestava inoltre per sovrascrivere il periodo finale dei festeggiamenti del capodanno celtico (vi ricordate il post sulle tradizioni di Halloween e del giorno dei morti? Se ve lo siete persi, lo ritrovate nell’unità Tradizioni bergamasche), dando una motivazione solennemente cristiana alle grandi veglie e baldorie che tradizionalmente si celebravano in quel periodo (ma per confermare la complessità della nascita e conservazione di queste tradizioni, pensate anche che cade nello stesso periodo delle feste greche in onore del dio Dioniso, dio dell’ebrezza in cui si assaggiava il primo mosto).
San Martino era così importante che esistevano almeno tre grandi fiere a lui dedicate:
una a Calolziocorte (ora in provincia di Lecco), che durava due giorni, una ad Adrara (S. Martino, appunto), della durata di 4 giorni, una ad Alzano, per almeno 3 giorni.
Pensate che ad Alzano il culto era così sentito che San Martino era a tutti gli effetti una specie di Santa Lucia: i bambini mettevano le scarpe fuori dalla finestra, in modo che il santo, passando con il suo cavallo, potesse riempirle di doni (San Martì, l’è chèl di regalì)
Pallido il ricordo del giorno dei morti, forse annebbiato nelle nebbie dell’alcool, i giorni attorno all’11 Novembre erano fra i più importanti dell’anno, giorni di grandissima festa, le feste Martiniane appunto, in cui si assaggiavano i raccolti e le prime conserve, e si aprivano i migliori vini.
Come in un vero e proprio capodanno,
a San Martino cominciava l’attività dei tribunali e delle scuole, si riunivano le assemblee rurali (i mandriani erano tornati dal pascolo) e si tenevano le eventuali elezioni, o si prendevano le decisioni per l’anno successivo.
Fin da epoca antichissima, il giorno di San Martino era quello in cui si dava il via ai contratti rurali o di affitto delle case, e infatti i nostri antenati usavano l’espressione “Ü San Martì” per indicare il trasloco, o “Fà San Martì” il traslocare, e sgomberare la casa per il prossimo affittuario. Certo, usavano anche dire “San Martì l’ ghe n’ dà ai sciòr, e l’ ghe n’ tö ai poarì” (dà ai ricchi e toglie ai poveri): per forza, se non avevi una casa di proprietà ma vivevi, al contrario, nel cascinale del padrone, l’11 di novembre poteva sembrare uno di quei giorni non troppo favorevoli…..
E quella che noi oggi, in italiano, chiamiamo l’Estate di San martino, era per i nostri avi la “stagiunina de San Martì” (e la düra trì dé e ü falì, dura tre giorni e poco di più).
Un santo, insomma, così conosciuto e così venerato da essere letteralmente sulla bocca di tutti e diciamolo, un po’ strapazzato!
Martì piciò: è il ficcanaso, salta martì è la cavalletta, e, ormai poco usuale (ma ricordata dal Tiraboschi) l’esclamazione Per la Martina!
Per non parlare di due famose filastrocche:
Gharinghì, garingaja
Martì sota paja
e la canzone delle lumachine!!
Lömaga, lömaga böta córegn,
Che ‘l vé ‘l Martì de Gòren
Le conoscevate?
Vi lasciamo, per concludere, alcuni proverbi tipici del mondo rurale:
A san Martì l'è vèc töt oI vi – A san Martino è vecchio ogni vino
A san Martì, ol móst l’è deentàt vì - A san Martino il mosto è diventato vino.
Per forza! Le botti dovevano essere pronte, vuote e pulite, per accogliere il nuovo mosto, quindi entro questo periodo dell’anno il vino vecchio andava bevuto… e il vino nuovo andava subito assaggiato!
A san Martì, l’ se spusa i poarì - A san Martino si sposano i poveri.
Per forza: terminati i lavori agricoli, era l’unico momento dell’anno in cui giravano un po’ di soldi derivati dalla vendita dei prodotti (sempre che ne restassero dopo il pagamento dell’affitto!)